Un accordo “migliore”, secondo il Presidente colombiano Santos, per mettere fine a 52 anni di conflitto civile, che ha causato 200 mila morti e 5 milioni di sfollati. Prof. Di Bella che cosa è stato corretto nel nuovo testo per rispettare la volontà popolare?
R. – Questo accordo è stato “revisato”, come si dice in America Latina, sotto diversi aspetti. Il primo è che le Farc si sono impegnate a restituire i loro beni e il denaro di cui sono in possesso, denaro e beni che verranno utilizzati per sostenere, aiutare le vittime colpite dalla guerra. Questo è un punto importante, perché su questo aspetto nel primo accordo non si era giunti ad una chiarificazione concreta. Il secondo aspetto rilevante è quello dei Tribunali: nell’accordo precedente, alcuni giudici venivano nominati da alcune istituzioni internazionali come l’Onu e la Corte penale dell’Aja; invece in questo nuovo accordo i giudici saranno tutti colombiani. E questi due aspetti rispondono a due delle critiche che l’opposizione – il Centro democratico di Uribe – aveva mosso al precedente accordo. Gli altri tre aspetti importanti sono che le persone riconosciute responsabili di qualche forma di delitto ecc. avranno una restrizione alla loro mobilità: cioè non potranno abbandonare le zone loro indicate se non autorizzate dal governo. È stata poi risolta la famosa polemica di genere: il problema delle donne come particolari vittime del conflitto. E c’è una sostanziale rassicurazione ai membri delle Forze armate e della Polizia, le quali potranno essere portate in giudizio nella misura in cui si sia di fronte a delle prove certe e inoppugnabili.
D. – Professore, quale sarà l’iter dell’accordo?
R. – Dovrà essere ratificato dal Parlamento, com’era nel primo scenario. Però qui ci troviamo, per la prima volta nella storia, di fronte a una situazione molto particolare, nel senso che l’ex Presidente Álvaro Uribe, appena questo accordo è stato reso noto, ha fatto una dichiarazione che è di difficile interpretazione, perché sostanzialmente ha detto che l’accordo “si firmi, però non si chiuda definitivamente”; e che questo accordo dovrà essere rivisto anche l’anno prossimo. Quindi, è un accordo che formalmente è stato firmato, però l’opposizione si è riservata una sorta di giudizio definitivo, che avverrà non si sa quando e in quale forma.
D. – Ecco, possiamo dire che il responso popolare ha avuto davvero un effetto migliorativo?
R. – Io credo che la bocciatura del primo accordo abbia avuto un effetto indubbiamente positivo: quello di aver richiamato tutto il popolo colombiano a vivere con maggiore responsabilità questo passaggio nodale, storico, della loro pace. Come lei ricorderà, nel plebiscito, quasi il 60% della popolazione non ha votato. Quindi questo fatto ha poi scatenato numerose manifestazioni, soprattutto del mondo giovanile, universitario, degli ambienti più colpiti dalla guerriglia, che di fronte a questa bocciatura si sono mobilitati perché lo sforzo di oltre quattro anni del processo negoziale non andasse perduto. Adesso il problema è che tutta la società colombiana sostenga questo ulteriore passo avanti, che senza dubbio ha chiarificato e migliorato l’accordo precedente. Ma tutti gli accordi sono manchevoli in qualche aspetto; quindi bisognerà partire dal riconoscimento di questo nuovo accordo di pace, e soprattutto agire – il governo e tutte le parti sociali – perché venga implementato, reso concreto, nel più breve tempo possibile.