R. – Il primo progresso è che tra le varie realtà che si occupano di sindrome di Down c’è sempre più raccordo: siamo arrivati a trovare un modo univoco di pubblicizzare questa Giornata, abbiamo creato un canale di comunicazione stampato e con video, in modo da poterlo utilizzare dall’Italia al Canada all’America all’Africa, tutti insieme, proprio per dire: “Vogliamo che i nostri figli siano integrati in tutte le società”.
D. – Ma bastano le leggi perché i disabili siano integrati?
R. – Se ci riferiamo all’Italia, diciamo che noi abbiamo un’ottima tutela delle persone con disabilità, però c’è difetto nell’erogazione dei servizi: vuoi perché spesso ci sono tagli, vuoi perché non c’è coordinamento tra i vari enti pubblici… Sicuramente i nostri ragazzi, se ben supportati, potrebbero ottenere migliori risultati: di apprendimento perché ben seguiti, di preparazione al lavoro per far sì che riescano poi a raggiungere l’obiettivo finale che è quello di un’assunzione lavorativa a tempo indeterminato. Però, le cose non si improvvisano: bisogna lavorarci tutti insieme!
D. – Non tutti sanno che le persone affette da sindrome di Down possono raggiungere anche un’indipendenza, fino ad avere una vita autonoma dalla famiglia di origine...
R. – Sì, questi sono gli obiettivi di questi anni e del futuro. Noi abbiamo iniziato a lavorare circa 40 anni fa per riabilitare le persona con sindrome di Down fin da neonate, da piccole. Abbiamo fatto tutto un percorso di integrazione scolastica, le abbiamo aiutate a tirar fuori il più possibile le loro potenzialità. E nel video della Giornata mondiale, che viene trasmesso su tutti i social, si vede una persona che ha gli stessi desideri dei suoi amici, degli altri giovani e quindi anche di poter arrivare a una vita indipendente, pur sempre monitorata, non lasciata senza un supporto. Questo è un obiettivo che si può raggiungere sempre in più casi. Si sta andando verso questa strada e sempre di più a piccoli gruppi persone con sindrome di Down riescono ad andare a vivere al di fuori delle famiglia, pure se la famiglia di origine è ancora esistente.
D. – Però, spesso, si sentono famiglie con figli portatori di sindrome di Down che dicono di essere poi abbandonate finito il percorso scolastico…
R. – Certo, e il nostro Coordinamento, le associazioni dei genitori vogliono proprio lavorare per far sì che nella scuola e nel lavoro ci siano i giusti supporti, quindi anche i servizi consultoriali. Bisogna sempre più lavorare perché funzionino, perché chiaramente se questi servizi vengono tagliati per dei risparmi che devono esserci, vengono a mancare adeguati sostegni supporti ai nostri ragazzi. Mentre, se la famiglia è ben supportata, il ragazzo è ben supportato, possiamo veramente ottenere degli ottimi risultati. Il messaggio che vogliamo dare in questa Giornata è proprio di far riflettere tutti sulla domanda: “Tu, come mi vedi?”. Perché è la persona down che nel filmato esprime i suoi desideri, quello che vorrebbe fare, come lei si vede, ma poi pone un interrogativo a tutti noi, perché forse spesso siamo noi che abbiamo un pensiero distorto sulle persone con sindrome di Down. Forse, spesso non crediamo nelle loro possibilità e le crediamo persone che sicuramente danno meno di quello che poi realmente, conoscendole, scopriamo che possano dare.