Tratto da L'OTTIMISTA
Dal 1986 Auditel rileva 24 ore su 24, minuto per minuto, tutta la TV nazionale e locale, vista attraverso diverse fonti: terrestre, satellitare, analogica e digitale. È una Joint Industry Commitee (JIC) cioè un organismo tripartito che riunisce le tre componenti del mercato televisivo: gli investitori di pubblicità, le agenzie, i centri media e le imprese emittenti.
La giornalista Roberta Gisotti ha dedicato ampia attenzione all’universo Auditel, cui ha dedicato il libro La favola dell’Auditel, che ha venduto molto bene ed ha avuto diverse ristampe ed aggiornamenti. Signorile nei modi, ironica e determinata: appare così Roberta Gisotti.
Romana, sposata, due figlie, laureata in Lettere, caporedattore alla Radio Vaticana, docente di Economia dei media alla Pontificia Università Salesiana, la Gisotti ha pubblicato cinque libri, di cui il più noto, venduto e discusso rimane il già citato La favola dell’Auditel, uscito per la prima volta nel 2002 e successivamente ristampato in edizione aggiornata nel 2005. Perché nessun istituto di ricerca fino ad oggi si è preoccupato di indagare nell’universo dei televisori spenti, del non ascolto, del non gradimento, per fornire dati certamente utili per pianificare palinsesti e ricercare consensi nella qualità? Perché ad ogni critica sulla “tv spazzatura”, i responsabili delle programmazioni rispondono che quello è ciò che vuole il pubblico, così come lo certifica l’Auditel dei televisori accesi. Dov’è l’Auditel dei televisori spenti? Questo l’interrogativo tra i tanti che scuotono la lettura del saggio di Roberta Gisotti che, a nove anni dalla prima pubblicazione, non si è mai arresa nella sua battaglia e continua a guidarci nella “selva oscura” di un meccanismo che lascia adito non solo a dubbi ma a diverse domande. Chi ha interesse a lasciare in piedi questo sistema? Perché non si cercano correttivi o sistemi alternativi come, appunto, quello del gradimento? Nel suo libro Roberta Gisotti introduce nell’argomento con storie e situazioni: storie di chi l’Auditel lo ha vissuto sulla propria pelle “televisiva”, testimonianze di chi ha fatto parte del sistema come famiglia campione. Si racconta di episodi paradossali: puntate replicate per errore, studi vuoti, segnali orari, cartelli di scuse per interruzioni, schermi oscurati che incollano davanti alla Tv milioni di spettatori. “Nel gennaio del 1995 - racconta la Gisotti - fu mandata in onda per errore una puntata di Harem già trasmessa registrando un ascolto analogo. Ed ancora il 29 gennaio 1995 Fabio Fazio, alla notizia della morte di un tifoso a Genova, decise in segno di protesta di abbandonare con il pubblico lo studio di Quelli che il calcio”. Osserva ancora la Gisotti che le “famiglie auditel, che erano sintonizzate su quel programma, essendo aliene da ogni emozione, restarono incollate sullo stesso canale a fissare per lunghi cinquanta minuti le sedie vuote”. Ed ancora il 15 luglio 2000 le trasmissioni su Rai Uno di uno show in diretta da Lecce s’interruppero a causa del maltempo, e sullo schermo apparve un orologio che venne fissato per 15 lunghi minuti da 3 milioni e mezzo di italiani, incantati dalle lancette! Su questo punto Auditel si difende dicendo che “la trasmissione del giorno 7 gennaio ha ottenuto un ascolto medio di 2.070.000. Quella del 14 gennaio 1.337.000 telespettatori”.
Scopo della ricerca-libro condotta da Roberta Gisotti è stato quello di evidenziare tutte le falle di un sistema di rilevamento degli ascolti che, di fatto, ha privato i cittadini del diritto alla Tv che preferiscono e meritano, anziché quella imposta dai dati Auditel. Quando non è ai microfoni della Radio Vaticana, la giornalista incontra studenti o platee variegate per spiegare cosa si nasconde dietro quel sistema di rilevamento. Ricordiamo un anno fa la Lettera aperta a tutti i membri della Commissione parlamentare di vigilanza sui servizi radiotelevisivi: “Abbiate in questo 2010 il coraggio di onorare il ruolo assegnatovi dal Parlamento di vigilare sui servizi radiotelevisivi, ponendovi dalla parte dei cittadini, uomini, donne, bambini, giovani, anziani sacrificati da una programmazione sottomessa - perfino nell’informazione giornalistica - alla dittatura dell’audience, regolata dall’Auditel, sistema di rilevamento quantitativo degli ascolti, del tutto convenzionale al fine spartire gli investimenti pubblicitari, inaffidabile sul piano scientifico, strumentale per l’uso che se ne fa fino a tributare ai suoi dati la valenza di consenso finanche politico ed ormai assolutamente obsoleto rispetto alla nuove tecnologie digitali. L’Auditel è una società privata che opera in regime di monopolio da ben 24 anni, dove gli associati sono controllori di se stessi”.
Professoressa Gisotti, cosa è cambiato dalla pubblicazione de La favola dell’Auditel?
“Purtroppo non è cambiato nulla! Non è bastato raccontare agli italiani la favola dell’Auditel, oltre che nel libro, sui giornali, in tv, alla radio, su internet, nei convegni, nelle scuole, nelle università, al parlamento, alle Autorità di garanzia per le comunicazione e per il mercato, perfino alla Magistratura. Non è bastata la denuncia pubblica, in ogni forma e luogo, contro un sistema di rilevamento degli ascolti televisivi che impone ai cittadini una Tv che non meritano, che mortifica l’intelligenza, avvilisce gli animi, diseduca i bambini, allontana i giovani, intristisce gli anziani; una tv che disinforma e sovente manipola la realtà, che veicola disvalori, stili di vita e tendenze al consumo volute dal mercato. Siamo tutti vittime dell’Auditel, perché questo sistema ci ha tolto la dignità di persone davanti allo schermo. Basti dire che l’Auditel racchiude l’intera popolazione italiana in otto gruppi ‘demenziali’: aspiranti aggrappati, ritirati onnivori, volubili selettivi, eclettici esigenti, provinciali frivoli, protettivi interessati, minori di 14 anni e non classificati. Sono categorie del marketing, in base alla quale vengono confezionati i programmi. L’unico scopo del fare Tv è infatti quello di vendere teste di spettatori sul mercato pubblicitario. Ecco cosa siamo: una merce da sfruttare, anche per i programmi d’informazione e per Tg sempre più urlati e ansiogeni, farciti di cronache nere e gossip. In questo scenario mercificato degli ascolti, gli anziani e i bambini sono il pubblico più ‘debole’, più sacrificato, perché spendono meno rispetto agli spettatori dai 15 ai 35 anni, i cosiddetti ‘big spender’”.
La situazione resta quella descritta nel libro?
L’Auditel è sempre stato un sistema del tutto inaffidabile come tecnica di rilevamento, un sistema del tutto distorsivo nel modo in cui elabora i dati e un sistema del tutto fuorviante per l’uso che si fa dei suoi dati nelle redazioni dei programmi e dei Tg. La situazione si è aggravata negli ultimi anni con l’avvento della Tv satellitare e con l’avvio della Tv digitale, che hanno reso l’attuale sistema di rilevamento degli ascolti del tutto obsoleto sul piano tecnologico, tanto che oggi dovremmo parlare di dati d’ascolto fantasiosi, senza tema di smentita. Basti considerare il terremoto registrato nelle case degli italiani con lo switch off, ovvero lo spegnimento del segnale analogico - esteso ormai a quasi il 70% del territorio – che ha costretto ad acquistare nuove tv digitali o decoder da applicare ai vecchi apparecchi ed il caos che ne è conseguito sui telecomandi, e quindi sulle scelte d’ascolto. Eppure i dati Auditel riferiti ai sei canali generalisti del duopolio Rai-Mediaset, sono rimasti nell’insieme immutati. L’Auditel che da sempre ha ‘oscurato’ gli ascolti di oltre 600 Tv locali, oggi ‘oscura’ anche la Tv satellitare e i nuovi canali digitali. L’Auditel è una convenzione per spartire la torta degli investimenti pubblicitari, che si regge su un malaugurato patto economico-politico stretto nel 1984 da Rai e Mediaset, che oggi non ha più luogo di sussistere. Speriamo quindi per la democrazia che l’Auditel abbia i mesi contati!”.
Cosa ha provocato il libro e a cosa l’ha esposta?
“Sul piano personale la mia battaglia per la verità continua. Molti mi hanno definita una giornalista coraggiosa. Ma ho fatto solo il mio dovere e per questo sono stata rispettata. Se poi in qualche modo avessi compromesso la mia carriera, non ho rimpianti, perché la soddisfazione di servire il pubblico ripaga di ogni altra rinuncia. Questo libro, uscito nel 2002, ha provocato un vero terremoto, è stato poi riedito, aggiornato alla fine del 2005, e ora conto di pubblicarne una terza edizione che riporti la fine del monopolio dell’Auditel e la nascita di un sistema pluralista, composto da più rilevamenti degli ascolti tv, di tipo quantitativo, basati su misurazioni credibili e soprattutto di tipo qualitativo, che possano misurare la qualità oggettiva dei programmi ed anche la qualità percepita e la qualità attesa dal pubblico. E che si smetta di ‘spacciare’ il dato Auditel per consenso, finanche politico, per cui da oltre 20 anni abbiamo una società mediatica, costruita dal dato Auditel, che si sovrappone e si sostituisce alla società reale, laddove il cittadino-spettattore è solo un consumatore-acquirente per il mercato pubblicitario; un mercato tanto ricco, pilotato dai poteri forti dell’economia e della politica, i cui interessi sono veicolati attraverso la Tv, che a tutt’oggi resta il principale mezzo di comunicazione di massa. Da qui l’importanza di riformare il sistema del rilevamento degli ascolti nel senso del pluralismo e della trasparenza, elementi irrinunciabili in ogni fase della vita democratica di un Paese”.
Al suo libro Auditel ha dedicato un’apposita sezione per sostenere la propria difesa su numeri e rilevamenti da Lei citati…
“So bene che esiste da tempo una sezione del sito Auditel dedicata al mio libro, a cui non credo debba controreplicare, visto che nulla toglie o aggiunge a quanto già ho scritto nel libro, dimostrato con documenti e testimonianze alla mano e riferito in sedi istituzionali, senza mai smentite ufficiali e querele. Considero quindi questa sezione uno spazio pubblicitario inaspettato al libro, che chiunque può acquistare, ordinandolo in libreria o su Internet o consultare nelle principali biblioteche. Soprattutto i lettori de L’Ottimista vi troveranno molti motivi per rallegrarsi rispetto ad una programmazione televisiva sovente deprimente e degradante che non è certo voluta dagli spettatori ma è imposta dai dati Auditel. Solo riformando l’intero sistema del rilevamento degli ascolti possiamo sperare di rilanciare il ruolo della televisione a servizio delle persone e della società italiana”.
13/01/2011
a cura di Alfio Spitaleri