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Press Festival, Roccasecca - "Essere informazione prima che sia troppo tardi"

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Articolo in: Conferenze e dibattiti  

Roberta Gisotti 27/09/2008

Press Festival, Roccasecca - "Essere informazione prima che sia troppo tardi"

Tavola rotonda "Essere informazione prima che sia troppo tardi", a cura di Fabio Sebastiani, Pino Di Maula, Marcantonio Lucidi. Interventi di Roberta Gisotti, Pino Arlacchi, Santo Della Volpe, Lucio Varriale, Pino Maniaci

 

Riprendendo il titolo della nostra Tavola rotonda direi che non è mai troppo tardi per essere informazione, ma è certo troppo tardi per riconoscere che il mestiere del giornalista si è tramutato sovente in promotore di pubblicità e in procacciatore d'affari, affari economici e affari politici, affari palesi e affari sottesi.

A volte il giornalista è parte attiva, ovvero si presta a questo cambiamento di ruolo quando partecipa dei vantaggi pubblicitari ed entra nel sistema dei poteri forti; è questo il caso ad esempio di tanti giornalisti che lavorano nelle grandi testate, industrie della comunicazione, o anche lavorano nelle testate d'opinione o di settore, e vendono - sostanzialmente - la propria penna sul mercato dell'informazione, a volte la quotano perfino in Borsa, perchè attraverso la stampa si fanno le fortune e le sfortune della società per azioni.

A volte il giornalista invece subisce e non protesta; questo capita spesso fra i giovani che si affacciano alla professione, e che sono ricattati dal precariato, e non sono per lo più formati ad affrontare un mestiere che richiede determinazione e coraggio, ma sono formati piuttosto ad essere organici al sistema, laddove li porta lo stage, l'università, l'amicizia di famiglia, la raccomandazione o la chiamata per la sostituzione estiva con la promessa e la speranza di un contratto...

A volte il giornalista protesta senza avere successo, e può capitare che sia emarginato, o che nel migliore dei casi riesca a ritagliarsi una nicchia, uno spazio di attivo isolamento professionale.

A volte il giornalista è colpevolmente inconsapevole dei gravi danni che questo cambiamento di ruolo ha comportato e comporta per il pubblico di lettori, ascoltatori, telespettatori, utenti internet, e quindi dei gravi danni che si riflettono sull'intera società.

Quando Pino mi ha chiesto di intervenire al Press Festival, ho avuto modo di leggere l'appello intitolato "Per non subire più l'informazione", appello che condivido in pieno, per non subire più - aggiungo io da cittadina - un'informazione dove il lettore, lo spettatore, l'ascoltatore, l'utente è un consumatore disinformato anche dei suoi diritti nel campo della comunicazione, ed è una merce da vendere al migliore offerente, in un mercato di interessi economici e politici - lo abbiamo appena detto - che collidono con una stampa libera, stampa libera essenziale alla formazione di un'opinione pubblica, che non è un'idea astratta, ma è la base di ogni democrazia partecipata.

E qui vorrei introdurre un aspetto tra i più inquietanti, assolutamente poco conosciuto, ancora sottovalutato da parte dello stesso Ordine dei Giornalisti e della Federazione nazionale della stampa, sebbene il nuovo presidente della FNSI, Roberto Natale, sia avvertito della questione..... ne abbiamo parlato.... e mi ha promesso di affrontarlo in sede pubblica, magari con un Convegno ad hoc.

Ecco, la questione che vorrei sottoporvi riguarda l'Auditel nell'informazione televisiva.

L'Auditel sappiamo tutti è il sistema di rilevamento degli ascolti tv introdotto in Italia nel 1986, e che opera a tutt'oggi in regime di incontrastato monopolio. Anzitutto va detto che l'Auditel ha codificato un cambiamento epocale nel modo di intendere la comunicazione televisiva, non più pensata - come accadeva prima negli anni della cosiddetta paleotelevisione - per informare, educare, intrattenere, divertire ma finalizzata - con l'avvento della neotelevisione, ovvero con la liberalizzazione dell'etere, la fine del monopolio di Stato e la nascita della Tv commerciale - finalizzata unicamente a vendere fette di pubblico.... teste di spettatori, quante più teste possibili di consumatori al mercato pubblicitario.

Dunque, senza che nessuno lo abbia pubblicamente dichiarato siamo passati da un'economia di mercato ad una società di mercato. Che se ci avessero avvertiti ci saremo difesi come consumatori più di quanto non abbiamo fatto finora.

Società di mercato che viene veicolata attraverso il più potente mezzo di comunicazione di massa la Tv appunto.

Società di mercato che si è perfino sovrapposta alla società politica; società politica che ha abdicato alla sua prerogativa di formare l'opinione pubblica attraverso le regole democratiche della rappresentanza civile, affidandosi anch'essa alle tabelle dell'Auditel, quando vediamo che il dato Auditel assume la valenza di consenso popolare, perfino politico... consenso nell'affermare valori, disvalori, stili di vita e tendenze al consumo, ma anche orientamenti ideologici, culturali, religiosi.... che ci sono imposti come scelte di una maggioranza che è impalpabile, che non esiste, è virtuale elaborata nei computer dell'AGB-Italia a Milano, ma diviene dominante attraverso il dato Auditel, e si afferma in Tv ma viene poi amplificata attraverso tutto il sistema dei media: giornali, riviste, internet, mondo dello spettacolo, moda, pubblicità.

SulL'Auditel si è imperniata una vera dittatura mediatica e che tutt'ora vige, nonostante oggi sappiamo con certezza che si tratta di un sistema assolutamente inaffidabile dal punto di vista scientifico per le gravi carenze del campionamento, per la macchinosità del rilevamento affidato in tutto e per tutto a variabili di comportamento umano e per i limiti tecnici oggettivi, accresciuti con il mutare degli scenari tecnologici e le varianti delle varie piattaforme trasmissive estranee al sistema Auditel; sistema Auditel estremamente distorsivo nel modo in cui elabora i dati minuto per minuto, anzi 30 secondi a volte 15 secondi arrotondati al minuto, per cui si assommano contatti spacciandoli per ascolto; sistema Auditel del tutto fuorviante per l'uso che se ne fa assumendo il dato Auditel a giudice insindacabile dell'intera programmazione televisiva e sempre più anche delle stesse trasmissioni informative e perfino dei telegiornali, contravvenendo al codice deontologico della professione giornalistica, e su questo aspetto vorrei soffermarmi.

Voi dovete sapere che oggi le scalette dei telegiornali vengono stilate con i dati dell'Auditel in mano, per valutare quale siano le notizie ed i servizi più 'adattì per catturare l'attenzione degli spettatori ed alzare gli ascolti, scartando notizie e servizi che non abbiano un forte impatto emotivo sul pubblico. Ecco perchè i Telegiornali si sono riempiti di cronaca nera, di politica fatta di slogan ad effetto mediatico e di gossip. Si è arrivati perfino a condizionare i contenuti dei servizi, parole e immagini scelte dal giornalista o suggerite o imposte dall'alto per alzare gli ascolti dell'Auditel. Del resto i direttori dei Telegiornali, perfino della Rai, da Mimun a Riotta si sono fatti esclusivamente vanto degli ascolti dei loro TG, senza preoccuparsi di interrogarsi sui contenuti dei loro picchi d'ascolto....

Questo lede ogni regola di un'informazione corretta, che deve essere fornita secondo principi di utilità sociale.

Occorre capire che l'inganno che c'è sotto l'Auditel non investe solo la televisione ma la vita di tutte le persone e viola i diritti di tutti i cittadini.

L'avvento dell'Auditel non solo ha sancito il duopolio televisivo, tra Rai e Mediaset ma l'ha reso inattaccabile, impedendo di fatto la nascita di un terzo, quarto, quinto polo come era auspicabile, e impedendo lo sviluppo dell'emittenza locale, privata dei necessari finanziamenti pubblicitari, assorbiti per oltre il 90 per cento da Rai e Mediaset, che in base ai dati Auditel raccolgono il 90 per cento e più dell'audience totale.

Ora tenete conto che l'Auditel è impossibilitato a rilevare gli ascolti dell'emittenza locale. Infatti le sue 5 mila famiglie campione - sempre che esistano così numerose - sono presenti - questo ce lo dice la stessa Auditel, in circa 1700 Comuni, solo in 1700 su 8100 Comuni che abbiamo in Italia. E siccome l'emittente locale - lo dice la parola - ha per vocazione un bacino di utenza circoscritto sul territorio, ecco che viene negata l'esistenza di massima parte dell'ascolto locale

Non solo non registra l'emittenza locale, ma sottostima quella satellitare, anzi per anni l'ha addirittura ignorata perchè non aveva le tecnologie per rilevarla e solo da un paio d'anni a questa parte ha dotato alcune famiglie di un meter in grado di registrare le frequenze del satellite, ma senza nessun riferimento oggettivo alla reale diffusione degli impianti satellitari delle famiglie italiane. Oggi ci sono 4 milioni e mezzo di decoder, vale a dire circa, almeno 12 milioni di persone, che possono accedere alla Tv satellitare, ma secondo l'Auditel non la vedono mai e le Tv satellitari racimolano ufficialmente pochi punti di share..., anche se il proprietario di Sky, Murdoch, sta premendo per entrare anche lui da protagonista nella partita dell'Auditel, sta premendo per aggiornare il patto di spartizione.

Intorno all'Auditel ruotano infatti oltre 4 miliardi di euro, pari a circa 8 mila miliardi di vecchie lire: questo il flusso enorme di denaro che ogni anno viene investito nella pubblicità televisiva.

Massima parte di questi soldi, ancora oggi oltre il 60 per cento, entra nelle casse delle Reti Mediaset, mentre la Rai si accontenta di meno della metà, La Sette e MTV si consolano con circa il 3,5 per cento e il poco che resta va alle altre 650 e più tra emittenti satellitari e locali, che dunque si spartiscono le briciole.

Ma quali garanzie abbiamo sull'equità di spartizione di tali cospicui investimenti che confluiscono nella Televisione?

Nessuna garanzia, eppure l'Auditel è l'unico sistema di rilevamento accettato da Rai, Mediaset ed Upa per contrattare i finanziamenti pubblicitari.

Questo perchè attraverso l'Auditel si è instaurato di fatto un regime di finta concorrenza, dove le quote della pubblicità tra Rai e Mediaset sono rimaste sostanzialmente invariate da oltre 20 anni, offrendo stabilità ad un mercato lievitato ad arte di anno in anno e monopolizzato da un gruppo ristretto di grandi Marchi, che producono beni di largo consumo.

Poco importa dunque ai grandi investitori che il dato Auditel sia veritiero o no e sapere con esattezza se un programma sia stato visto da mezzo milione in più o in meno di spettatori: l'importante è mantenere l'esclusiva del più vasto mercato mediatico, ma soprattutto avere asservito tutta la Televisione alla Pubblicità.

La guerra dell'audience è solo un espediente perchè la pubblicità regni padrona sulla TV.

E questo sistema chiuso ha anche bloccato lo sviluppo prima delle trasmissioni satellitari e poi delle nuove tecnologie digitali

In realtà l'Auditel non dà certezze sul numero di persone davanti alla Tv, non valuta se un programma piace o meno nè tantomeno raccoglie le attese del pubblico: è un sistema inaffidabile che non misura la qualità ma neanche la quantità.

Da 22 anni, l'Auditel vanta di fotografare - attraverso i suoi dati di ascolto - un'Italia, mai confermata da altre ricerche sociologiche ma piuttosto sempre smentita.

E allora bisogna proseguire con la denuncia....pazientemente... perchè la favola dell'Auditel ha risvolti drammatici per chi guarda la Tv ma anche per chi non guarda la Tv, ma ne subisce comunque l'influenza sia nella vita pubblica del Paese che nella sua vita privata.


 

 

 

 

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