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Settimana della Musica, in occasione delle ''Giornate dell'Arte''

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Articolo in: Conferenze e dibattiti  

Roberta Gisotti 02/10/2008

Settimana della Musica, in occasione delle ''Giornate dell'Arte''

Settimana della Musica, Auditorium Parco della Musica, Roma, in collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Fondazione Città Italia, in occasione delle ''Giornate dell'Arte''

Tavola rotonda su "Musica e Televisione". Interventi di Vincenzo Cerami, Roberta Gisotti, Antonio Bottiglieri, Marina Loi, Marco Mele. Moderatore Giorgio Verdelli

 

Ringrazio per l'invito, nella speranza di offrire qualche spunto di riflessione spero originale, utile a promuovere la Musica in Televisione, e spero anche a sollecitare in qualche reazione positiva.
Credo anzitutto vada rigettato il luogo comune che vuole affermare un mondo di 'sordì alla Musica in Tv, un mondo funzionale ad un mercato televisivo pilotato da poteri forti, dell'economia e della politica, e per questo un mercato in gran parte virtuale.
A cominciare la guerra alla Musica in Tv, nella Tv di Stato - pochi lo hanno annotato nella memoria e pochi lo ricordano - furono proprio i cosiddetti professori, nominati ai vertici della Rai negli anni che seguirono lo scandalo di 'Tangentopolì.
Professori che dovevano - almeno sulla carta - rilanciare la Rai nella sua missione di Servizio pubblico, riconquistare quindi la fiducia del pubblico verso le istituzioni, attraverso la maggiore industria culturale del Paese, la Tv pubblica, appunto, risanando i conti, ottimizzando le spese, rinnovando il management, e soprattutto puntando alla qualità del prodotto televisivo, in anni già di forte competizione al ribasso con la Fininvest.
Sono proprio gli insigni accademici, prestati all'industria televisiva, i primi a tagliare i fondi per la Musica. Cosi Walter Pedullà, presidente della Rai nel febbraio '92, Pedullà docente universitario, scrittore, noto critico letterario, decide di chiudere i Cori lirico-sinfonici di Torino, Milano e Roma e di accorpare l'Orchestra Scarlatti di Napoli e l'Orchestra sinfonica di Roma.
E poi arriva Claudio Demattè, presidente Rai nel giugno '93, pro-rettore della Bocconi di Milano, affermato economista, che pensa bene o piuttosto male di sopprimere le Orchestre sinfoniche di Roma e di Milano e anche l'Orchestra di musica leggera di Roma, istituzioni che avevano 60 anni di vita.
Da quegli anni in poi la Musica diventa in Tv un orpello oneroso sul piano economico, non solo in termini di personale interno, che viene appunto eliminato o riciclato in altri ruoli, ma anche in termini di bassi ascolti e quindi di mancati ritorni pubblicitari.
La Musica diviene un genere complicato da gestire in TV, un ospite non troppo gradito nei palinsesti; cancellata la musica colta, d'opera, sinfonica, concertistica, strumentale, si procede via via a cancellare anche la musica leggera e popolare al di là di appuntamenti istituzionali come Sanremo, che resiste grazie al circo mediatico che lo accompagna, o il Festival Bar, che quest'anno è stato però soppresso per scarsi ascolti registrati nell'edizione precedente.
Per il resto le uniche proposte bene accette nei palinsesti sono quelle di programmi che ripropongono i grandi successi di musica leggera del passato, agli anni '60, '70, '80.
Non si sperimenta e non si scommette sul nuovo, perchè sempre meno programmi musicali o con forte presenza della musica vengono promossi in termini di ascolti.
La musica stando all'Auditel tira così poco nel piccolo schermo, che i poveri dirigenti dei programmi musicali fanno miracoli per 'silenziarla'. Vi siete accorti che i brani musicali durano in Tv in genere 1 minuto e mezzo, intercalati da chiacchere, perchè altrimenti gli ascolti vanno giù. Ad esempio i dati Auditel di Sanremo certificano che durante l'esecuzione integrale dei brani gli ascolti scendono rispetto alle chiacchere tra una canzone e l'altra.
La musica viene allora relegata al ghetto dei più giovani, che però sempre meno guardano la Tv, rispetto ad altri media come Internet che avanza.
Allora prima si è eliminata l'offerta variegata di musica e poi si è eliminato il pubblico.
La frase che domina negli ambienti televisivi è "la musica non funziona", salvo poi restare sconfessati da un programma come "X Factor" che dopo la prime puntate ha rischiato la chiusura, poi si è attestato su ascolti medio-bassi, ma tale è stato il reale successo di pubblico, un successo che ha preso ogni fascia di età, un successo certificato dal passaparola, passaparola reale non virtuale come i dati Auditel e che infine ha premiato al di là di ogni aspettativa i protagonisti del programma in particolare la cantante Giusy Ferreri, arrivata seconda, dopo gli Aran Quartet, che ha venduto oltre 300 mila copie ed è stata prima in classifica di scaricamenti sul web e ascolti sulle radio per tutta l'estate, davanti a big della canzone come Vasco Rossi.
Successo quello del programma "X Factor" che ha interessato anche i giudici della gara canora, il cantante Morgan e la produttrice Mara Maionchi. Eppure stando ai dati Auditel il programma era appena sufficiente nelle aspettative di ascolto della Rete!!
Allora veniamo al punto: chi ha stabilito che la musica non funziona? Lo ha stabilito l'Auditel
L'Auditel - sappiamo tutti - è il sistema di rilevamento degli ascolti tv introdotto in Italia nel 1986, e che opera a tutt'oggi in regime di incontrastato monopolio.
Anzitutto va sottolineato che l'Auditel ha codificato un cambiamento epocale nel modo di intendere la comunicazione televisiva, non più pensata - come accadeva negli anni del monopolio pubblico, la cosiddetta paleotelevisione - per informare, educare, intrattenere, divertire ma finalizzata - con la liberalizzazione dell'etere, la nascita della Tv commerciale e l'avvento della neotelevisione - finalizzata unicamente a vendere fette di pubblico.... teste di spettatori, quante più teste possibili di consumatori al mercato pubblicitario.
Ed anche la musica deve vendere teste di spettatori alla pubblicità, altrimenti non c'è alcun motivo di trasmetterla!
Ora se questo modo d'intendere la Televisione - che perfino inficia il significato ultimo della comunicazione - è di per sè è deprecabile, assolutamente limitativo sul piano della creatività, tanto più lo è se consideriamo che l'Auditel è un sistema di rilevamento quantitativo degli ascolti che fa acqua da tutte le parti, ma resiste da 22 anni perchè è il frutto di un patto stretto tra Rai e Fininvest, oggi Mediaset, allo scopo di spartire la torta degli investimenti pubblicitari.
L'Auditel in realtà è un sistema assolutamente inaffidabile dal punto di vista scientifico per le gravi carenze che presenta nel campionamento...
E' un sistema innafidabile per la macchinosità del rilevamento affidato in tutto e per tutto a variabili di comportamento umano......
E' un sistema inaffidabile per i limiti tecnici oggettivi....
Limiti tecnici che sono cresciuti con il mutare degli scenari tecnologici e le varianti portate dalle varie piattaforme trasmissive che sono estranee alla tecnologia del sistema Auditel.
Il sistema Auditel è estremamente distorsivo nel modo in cui elabora i dati minuto per minuto, anzi 30 secondi a volte 15 secondi arrotondati al minuto, per cui si assommano contatti spacciandoli per ascolto.
Il sistema Auditel è del tutto fuorviante per l'uso che se ne fa assumendo il dato Auditel a giudice insindacabile dell'intera programmazione televisiva e sempre più anche delle stesse trasmissioni informative e perfino dei telegiornali.
Occorre capire che l'inganno che c'è sotto l'Auditel non investe solo la televisione ma la vita di tutte le persone e viola i diritti di tutti i cittadini. Anche dei cittadini privati del piacere di ascoltare musica in Televisione

 

 

 

 

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