"La Repubblica" titolava sabato scorso "Pacs, favorevoli due italiani su tre". Ma nell' articolo si riportava - cito testualmente - che "Pacs e matrimonio gay appaiono prospettive quasi sovrapposte, che vengono rifiutate da due intervistati su tre".
I Patti civili di solidarietà sono nati all' estero per configurare una forma di riconoscimento giuridico per le coppie omosessuali, e la gente è in realtà più informata di quando non si creda. Basta in proposito consultare i siti di Associazioni Gay. Trovo quindi errato avere dedotto dal sondaggio l' accettazione nella opinione pubblica italiana dei Pacs, impossibile da valutare poichè i cittadini non sono ancora a conoscenza nel dettaglio delle proposte di Legge in materia.
In particolare avrei io una domanda da porre ai legislatori: "Nel caso di approvazione di una Legge sui Pacs, io sposata potrei rivendicare il diritto di passare dal regime matrimoniale ai Pacs se li trovassi più ' convenientì sul piano fiscale, sociale, giuridico?
Leggendo i tanti articoli sui Pacs trovo sempre indicata la parola diritti delle coppie sposate e mai la parola doveri, che sono parti speculari nel contratto matrimoniale, sia per quanto riguarda i rapporti tra i coniugi, sia per quanto riguarda il rapporto tra famiglia e società. Allora non si potrebbe negare a chi si è già sposato di passare dal matrimonio ai Pacs, senza ledere i diritti individuali di ogni cittadino di fronte alla Stato. E non si potrebbe neanche evitare che persone sole, etero o omosessuali, possano essere indotti è un fenomeno già conosciuto all' estero a stipulare i Pacs, per motivi puramente utilitaristici.